06 aprile 2010

Terremoto un anno dopo


E’ trascorso un anno dalle ore 3.32 del 6 aprile 2009. Il terremoto con intensità 6.2 della Scala Richter , oltre alle 308 vittime ha distrutto edifici portando con se morte e dolore. I genitori degli studenti vittime del terremoto, non accettano che un semplice giorno del calendario possa far dimenticare il dolore ed il ricordo. Preferirebbero che il 6 aprile fosse un giorno di riflessione, di rispetto e di silenzio. L’anno è trascorso fra polemiche, scaricabarile, ma qualcosa si vede. Fra il progetto CASE , (Il Progetto C.A.S.E. è un piano che prevede la costruzione di “Complessi Antisismici Sostenibili Ecocompatibili)- i MAP, (moduli abitativi provvisori di legno), gli alberghi, l’autonoma sistemazione, in tenda non dimora più nessuno. Per la ricostruzione, seppure si è vigilato, le infiltrazioni mafiose hanno cercato di entrare, ma subito sono state denunciate. Purtroppo, si aspettava che qualcuno andasse in galera, ma questa speranza non ancora si è avverata. Molte persone che risiedono nel progetto CASE, sono soddisfatte di questa sistemazione, molto dignitosa. Ma c’è chi si lamenta, ( quello che si fa , è dovuto……!) -chi non se ne fa una ragione che solo il Padreterno è responsabile di quello che è avvenuto. E’ impossibile accettare questa punizione, “ ma perché proprio a me”, che per molti ha significato anche lutto.


Sono tornato nuovamente all'’Aquila, ed ho trovato un’altra situazione disordinata. Il traffico caotico! Mi sono chiesto dove andassero tutte quelle vetture con una sola persona , inquinando l’aria e creando confusione. Si transita con enorme difficoltà, pur essendo state realizzate decine di rondò. Poi, la risposta che mi sono data è che, i negozi chiusi, il commercio e l’artigianato concentrati nei centri storici, i cassi integrati, i pendolari, chi non sa cosa fare, si mette in macchina per passare il tempo. Potrebbe anche significare il fuggire dalla paura ed avere la sicurezza di trovarsi in macchina. La strumentalizzazione delle carriole, per riprendersi la città, è stata una forma per dar fastidio, quando fino a dicembre non si sapeva ancora dove spostare le macerie. E’ iniziata la rimozione, speriamo che venga fatta con criterio separando i materiali inquinanti. Ho incontrato quattro suore di clausura - dell' Ordine dei Celestini - Il loro monastero, san Basilio - antico e prezioso - è inagibile dal giorno del sisma. Vivono in un prefabbricato in mezzo all'orto,(v.foto). La badessa di san Basilio, Suor Margherita, insieme alle altre consorelle, Suor Agnese, Suor Celeste e Suor Angela non hanno mai voluto lasciare 1’Aquila e sono tornate qui dopo appena due giorni. Tanto è durata la permanenza nella tendopoli di piazza d'Armi. «Siamo state trattate benissimo precisa - ma non era clausura». Hanno preferito tornare al loro monastero e vivere nell’orto, in un MAP. Questo monastero fondato nel 496 da sant’Equizio, era adibito ad accogliere ragazze della nobiltà, per lo studio ed il ricamo. In seguito, accolsero studentesse, trasformando le camere in pensionato. Svolgevano anche lavoro in legatoria, ora tutto fermo. RESTA L’ORTO. Purtroppo per riparare la chiesa, il campanile, ed il monastero, ci vorrà tempo e molti soldi. Le tele, gli stucchi barocchi, le cantorie nella chiesa, l'antica biblioteca e il chiostro, ne fanno un “palazzo-convento” di un certo valore. Però queste suore non vogliono abbandonare questo luogo, pur se anziane, questa casa è loro! Altra visita, in via San Francesco di Paola, nel centro storico, a due passi dal Palazzo del Governo.. La proprietaria, Roberta Gargano, ci fa entrare e visitare questa dimora patrizia, le cui sale sono state decorate dalla scuola del Patini. Vista da fuori, questa abitazione piena di crepe, sarebbe da abbattere, l’interno è pieno di tiranti. Le volte sono crollate, i mobili sono irrecuperabili. Per potere recuperare la struttura serviranno 1.5 milioni di euro, a totale carico dello Stato, usando la tecnica del “ cuci e scuci”, (togli una pietra e la sostituisci), una per una , stando attenti a non compromettere la staticità delle abitazioni confinanti. Le pareti a sacco, che emanano un odore particolare di umidità e muffa, la chiamano “ la puzza del terremoto”, possono essere recuperate e rafforzate. Intanto il vento di tramontana rendeva ancora più tenebroso il momento, con la polvere che si alzava, ti avvolgeva e facevi fatica a respirare. L’ambiente, silenzioso, funereo, con le case ed i macchinari ricoperti da questa polvere biancastra, rendeva più desolante il luogo.



Luciano Pellegrini


Nessun commento:

Posta un commento