09 marzo 2011

Chieti - 1958 e oltre...


Scuole Nolli - il maestro Della Penna

Allorai noi ragazzi, contenti di poter giocare, usavano una palla di gomma bianca di una ventina di centimetri di diametro e spesso lo facevano nell'aia a piedi nudi e ogni tanti si pigliva pure qualche "cipolla". (picchiavano a terra il ditone che si gonfiava).Mi ricordo che io iniziai giocando in porta, solitamente quella del magazzino, e c'era Guiduccio, un ragazzo più grande di me con un gran ciuffo biondo, che mi tirava la palla, di destro, di sinistro e al volo che io acchiappavo e gli rispedivo indietro. Questo era una specie di allenamento. Poi c'erano le interminabili partite, di solito tre contro tre, con la formazione delle squadre fatte tirando a sorte con le dita, per accaparrarsi gli elementi migliori da destinare alla propria squadra. Oppure si faceva un altro gioco, chiamato " a Mazz e Cuzz", che si giocava con una asta di legno, solitamente un lunga 50 o 60 cm e un piccolo cuneo (lu Cuzz), appuntito ad ambedue i lati, anch'esso di legno di 20 o 30 cm di lunghezza. Battendo il cuneo da uno dei due lati con l'asta, questo si alzava da terra e a volo riceveva un'ulteriore battuta che lo mandava a cadere diversi metri più in là. Era in parole povere una specie di Baseball dei poveri. Chi riusciva a mandare il cuneo più lontano era proclamato vincitore. Il gioco necessitava di parecchio spazio e notevole abilità ed era solitamente praticato nelle aie in campagna. Altro passatempo di noi ragazzi, avvantaggiati dal fatto che allora erano pressocchè inesistenti i parcheggi per la quasi assenza delle macchine, era quello di tracciare col gessetto due linee più o meno parallele tra loro, le quali, nella nostra fantasia, indicavano il tracciato di una strada, sulla quale venivano mossi in successione da parte di ogni partecipante, stagnole ricavate dai tappi corona delle bibite, instaurando un ipotetico Giro d'Italia, il cui percorso era vinto da chi con un mirore numero di "scucuzze" (ovvero la spinta data alla stagnola facendo leva tra il pollice e l'indice della mano) riusciva ad arrivare per primo al traguardo del tracciato. Se si usciva dal tracciato, si "forava" e la posizione del tappo veniva riportata al punto dell'ultima scucuzzata.. Il gioco veniva contemplato da ciascuno di noi in un processo competitivo che univa la fantasia e la lealtà sportiva. Erano sopratutto svaghi innocenti che non impegnavano le tasche dei nostri genitori. Le stagnole venivano riempite solitamente con del sughero su cui venivano poi attaccate le faccine dei corridori di allora, ritagliate da un giornale che si chiamava " Lo Sport Illustrato". Il traffico come detto, allora, era praticamente inesistente e per poter usufruire dell'autobus pubblico, per raggiungere Pescara o le altre località collegate a Chieti, in Piazza San Giustino, bisognava dare l'assalto alla diligenza in arrivo, per accaparrarsi un posto a sedere, magari vicino alla finestra. Questa non era un'impresa facile sopratutto per quei passeggeri non più in età giovanile.


5 commenti:

  1. vedo che anche allora doveva esserci un problema di aule, eravate in 28 in una classe con un solo maestro...

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  2. Beh io ricordo l'assalto alla corriera per andare a scuola oltre 20 anni fa, ma c'era un entusiasmo che ora si è un pò perso nei giovani.

    Buon sabato!

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  3. @kylie

    come ebbi modo di scrivere sull'argomento nell'altro blog dico che la scuola di oggi è uscita dagli anni Sessanta privata dei suoi cardini strutturali: la meritocrazia per docenti e studenti e l'autorità dell'educatore facendoci ereditare una scuola che è diventata un "suk" di saperi sfusi, dove venditori e venditrici in età matura, i professori e le professoresse, sono ostaggi di clienti minorenni (gli studenti) che disprezzano la merce. La scuola è diventata succube della legge di mercato mixata dalla demagogia: lo studente come il cliente, ha sempre ragione. Più che educarlo è d'obbligo confortarlo per rafforzare la sua autostima. Il professore, che un tempo godeva di prestigio e autorevolezza, è ridotto al rango di colf o animatore, sceso tanto nella scala sociale da costituisce un antimodello, ciò che i ragazzi oggi non vogliono diventare... come dicono fra di loro gli studenti: meglio non studiare, altrimenti si diventa come lui.

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  4. I sessantottardi, come li chiamo io, sono i responsabili primi di questo stato di cose: a loro si deve l'egemonia culturale che da quarant'anni ha occupato giornali, cattedre universitarie, televisioni che ci impone ancora i modelli culturali del Sessantotto, nonostante il vistoso fallimento riscontrato. Ai giovani oggi manca la voglia di cambiare il mondo che avevano i loro padri. Ma sarebbe sufficiente che essi maturassero una ribellione e una voglia di partecipazione creativa al loro tempo. Oggi i giovani pensano che cambiando il loro telefonino, cambi il loro mondo. In realtà c'è bisogno, oggi più che mai, di riannodare il filo spezzato dal Sessantotto, che da millenni legava il destino degli uomini e delle donne a quello dei loro padri e delle loro madri. Oggi la vera trasgressione è "la tradizione"

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  5. Tornato a scrivere... :)
    Ci tenevo a dirtelo :)

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